Domani sera c’è “il clasico”, in Spagna significa la partita di calcio che vede il Real Madrid contro il Barcellona, tutta la penisola iberica si ferma per assistere l’evento, si scontrano due scuole di pensiero e di football diverse, da un lato, c’è la squadra della capitale, allenata da quel Josè Mourinho cha a Milano ha vinto il triplete con i colori nerazzurri, dall’altro, il Barca è guidato in panchina da un ex giocatore noto in Lombardia, quel Bepi Guardiola che, a Brescia, ha giocato anche con Roberto Baggio.
La vigilia è stata caratterizzata da una conferenza stampa agitata, Mou non si è presentato ai giornalisti, centocinquanta persone sono andate allo stadio per fare il proprio lavoro e, invece, dell’allenatore, si sono trovati di fronte il suo vice (non è la prima volta).
Dopo attimi di tensione, metà circa dei giornalisti presenti, provenienti anche da altri paesi, per seguire l’evento calcistico, se ne è andata.
Con questo non nuovo atteggiamento, l’allenatore portoghese ha pienamente ottenuto lo scopo che si era prefissato, cioè distogliere l’attenzione e la pressione dalla squadra, per catalizzarla sulla propria persona, domani in internet e sui quotidiani spagnoli si parlerà solo dell’assenza di Mourinho e non di Cristiano Ronaldo o degli altri blancos.
Bisogna però chiedersi se esiste un limite nell’esercizio della propria professione (discorso applicabile a tutte le categorie, non solo limitato al mondo del calcio, in caso affermativo, piacerebbe conoscerlo), o se, invece, il fine giustifica i mezzi, sempre e ad ogni costo.
Kevin John Carones – faremilano@gmail.com
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