Quando, nella serata di ieri, un lancio Ansa ha diffuso la causa (o diagnosi che dir si voglia) del malore di Antonio Cassano (piccolo ictus ischemico) lo sconforto si è diffuso fra i tifosi di tutta Italia (e non ha coinvolto solamente quelli del Milan).Ecco le parole del Vice Presidente del Milan Adriano Galliani nella conferenza stampa di ieri per la odierna partita contro la formazione del Bate Borisov: “Credo che qualunque paziente abbia il diritto alla privacy, i medici stanno provvedendo, non c’è nulla da dire. L’ho sentito oggi, era sereno e di buonumore, in ottima forma. Un po’ di paura c’è stata perché è stato un fatto inaspettato e non riguarda il calcio, così come accaduto per Gattuso. Ma sicuramente si riprenderà, lo stesso vale per Rino, andrà tutto bene. Comunque non so fare il medico, pensano loro a tutto. Sentite il dottor Tavana, è giusto che rispondano loro.
La squadra è vicina a lui, io scherzavo con Antonio in aereo. Sento che andrà bene. Credo che la squadera farà bene a Minsk, siamo un po’ in carenza in attacco, andrà in panchina Ganz ma resto fiducioso. Primo posto? Cerchiamo di vincere domani, una cosa alla volta. Sfortuna? E’ la vita, non ci sentiamo perseguitati. I giocatori possono avere i problemi dei comuni mortali, fanno solo più rumore. Non mi interesso di quanto dicono i giornali, io mando e ricevo sms da Cassano quindi il resto non mi riguarda. Leggerò i giornali in aereo“.
Cassano oggi sta meglio, sebbene, clinicamente parlando, il problema va curato anche con il tempo, l’uomo, in questi casi, viene prima del calciatore, bisognerà attendere mesi prima di capire quale sarà la cura giusta per fare riprendere una vita normale all’uomo Antonio Cassano.
Solo quando questa prima fase sarà completata si potrà parlare di attività agonistica, di campo di calcio e di partita (farlo prima sarebbe inutile e fuorviante).
Il vero problema, poi, sarà invece quello di dare il benestare alla ripresa dell’attività agonistica del fantasista di Bari Vecchia: quale medico vorrà (o potrà) farlo? Cosa rischierebbe il dottore se poi il calciatore dovesse avere un altro problema di salute (un ictus lieve è un campanello di allarme)? Quale medico sarebbe disposto a rischiare la propria carriera professionale dando il benestare al rientro dell’attività agonistica di un paziente a rischio?
In bocca al lupo, Antonio, ne hai bisogno!
Kevin John Carones – faremilano@gmail.com