LE DIMISSIONI (DIFFERITE) DI BERLUSCONI COSTANO 1 € ALL’ORA PER CIASCUN ITALIANO

Le dimissioni promesse da Berlusconi costano un prezzo altissimo agli italiani, i quali, avrebbero dovuto ascoltare martedì sera non una promessa, ma una certezza, ovvero, dimissioni immediate, senza se e senza ma, il tutto per il bene di sessanta milioni di cittadini che, in queste ore, vengono danneggiati pesantemente dalla scelte incomprensibili di una classe politica che non sembra cogliere la delicatezza del momento.

Uno spread titoli italiani bund tedeschi sopra i 600 euro costerà ai cittadini come  (e più di) una finanziaria lacrime e sangue, questo aumento sconsiderato che c’è stato in meno di 24 ore (da 500 a 600 in meno di una giornata, per fortuna la situazione è migliorata dopo le dichiarazioni del Presidente Napolitano) è imputabile a una sola motivazione: le mancate dimissioni di Berlusconi, il quale, starebbe cercando di salvare il salvabile, cioè lui, i suoi interessi e le sue aziende (non si spiegano altrimenti tutti questi colloqui con il proprio avvocato e legale di fiducia Ghedini).

I mercati finanziari, infatti, si sono posti una semplice domanda chiusa: c’è la certezza matematica che, quando ci sarà l’approvazione della legge di stabilità, Silvio Berlusconi si dimetta?

Poiché la risposta (stante la situazione attuale) è no, i mercati finanziari hanno punito pesantemente questa non decisione (anche Piazza Affari oggi ha perso circa il 5%, con molti titoli che sono stati sospesi per eccesso di ribasso).

Calcolando le perdite registrate nella sola giornata di oggi, si può stimare che le dimissioni differite di Berlusconi costano alla collettività un prezzo pari a 1 euro all’ora per ciascun italiano (neonati compresi), e poco importa che tutti, a iniziare dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si sono affrettati a puntualizzare che ci saranno.

Per spiegare meglio il concetto è come una persona che vuole comprare una casa a Milano. Quando il venditore, dopo l’appuntamento e il sopralluogo, ascoltando i discorsi del potenziale acquirente, chiede una proposta scritta e un assegno di caparra, e ottiene come risposta quella di fidarsi della parola data, quali garanzie ci sono che la vendita vada a buon fine?

Quello che ora, politicamente parlando, è auspicabile è che non si cerchi una soluzione ponte, tipo un governo Letta o Alfano (ipotesi che poteva andare bene fino a un mese fa, ma che, allo stato dei fatti, non è più percorribile), stante la crisi economica (la parola default per l’Italia non è impronunciabile) l’unica possibilità di ripartire è quella di un Governo tecnico forte, guidato da una persona di spicco sul piano internazionale (Mario Monti o altri), gradito ai mercati finanziari, che consenta (con importanti sacrifici da parte di tutti, sia a livello di tasse, ma anche come discorso di risparmio sui costi della politica) al nostro paese di ripartire.

Tutte le altre soluzioni ci porterebbero nel baratro di un rischio concreto di default.

Unica consolazione (o vittoria di Pirro, come si dice in questi casi) è che tutti si stanno convincendo di questa priorità, Berlusconi a parte.

Kevin John Carones – faremilano@gmail.com  

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